Stile, etica e consapevolezza per un futuro più rosa (e green)
Questa volta, complice un periodo denso e complicato che ha purtroppo avuto ieri il suo epilogo, ero molto in dubbio sull’argomento da trattare in questa newsletter. Quindi, ho proposto un sondaggio su Instagram e la maggioranza ha scelto come argomento la Moda Responsabile.
Quale settimana fa si è tenuta la Fashion Revolution Week, una mobilitazione popolare con l’obiettivo di richiedere delle leggi che regolamentino l’impatto sociale, ambientale e la tracciabilità del sistema moda. Scrivo con questo spunto in mente perché credo sia molto importante parlare il più possibile della moda responsabile: tutti ci vestiamo, per convenzione sociale o per piacere, quindi abbiamo un impatto sul mondo che ci circonda, ma possiamo fare qualcosa per ridurlo. Personalmente credo che tanti piccoli cambiamenti possano dar vita ad una rivoluzione.

Compra meno, spendi meglio, fai durare – Vivienne Westwood
Questo è il mio mantra da quando ho letto la biografia di Vivienne Westwood. Era una designer, ma anche una grande attivista e questa è una delle sue frasi più iconiche. Lentamente, con il passare degli anni, questa frase è stata la guida che mi ha portato alla Consulenza d’Immagine. Perché? Perché la Consulenza di Immagine è un percorso educativo ci trasforma in consumatori più consapevoli e ci piò aiutare nell’affrontare la moda con un approccio più responsabile.
Moda reponsabile: le 3P della sostenibilità
La base della corporate social responsability è una strategia che cerca un equilibrio tra gli aspetti sociali, ambientali ed economici. Questi tre aspetti forniscono la base per le 3 P: People, Planet e Profit. È estremamente complesso garantire che le 3 P nelle attività aziendali quotidiane siano e rimangano in equilibrio.

People
Da poco c’è stato un importante e triste anniversario, il crollo di Rana Plaza. Il 24 aprile 2013 un edificio commerciale di otto piani crollò a Dacca, capitale del Bangladesh, causando 1.134 vittime e 2.515 feriti. È considerato il più grave incidente mortale avvenuto in una fabbrica tessile nella storia, così come il più letale cedimento strutturale accidentale nella storia umana moderna. Tra le macerie spuntarono etichette di famosissimi brand occidentali, generando un enorme scandalo che ha palesato a noi consumatori occidentali, il comportamento poco etico di alcuni tra i più famosi brand dell’industria della moda.
Se paghi poco un oggetto costa, non si tratta di un affare: qualcun altro ha pagato il prezzo al tuo posto. Per proporre prezzi bassi mantenendo alto il profitto, devono essere sacrificati i costi ed il primo è quello delle persone, che vengono sfruttate a tutti i livelli. Non solo gli operai vengono sfruttati, ma anche i proprietari delle fabbriche che vengono posti nelle condizioni di dover sfruttare al massimo i loro per mantenere alta la produttività salvaguardando i contratti con i brand più importanti. È un gioco molto scorretto che fa leva sulla povertà e desiderio di ognuno di noi di avere una vita dignitosa per sé e per la propria famiglia.

La seconda P sta per Planet
L’industria della moda è una delle maggiori responsabili dell’inquinamento ambientale. L’UE genera ogni anno 12,6 tonnellate di rifiuti tessili, di cui 5,2 milioni da abbigliamento e calzature (12 kg pro capite) e dove finiscono? I capi in cattive condizioni finiscono nell’indifferenziato, mentre quelli in buone condizioni dovrebbero essere smaltiti nei cassonetti gialli. Questi vengono selezionati ed ulteriormente suddivisi:
- I migliori vengono rivenduti nei negozi second hand
- Pochi vengono riciclati e trasformati in filo
- Quelli troppo malridotti vengono destinati ad altri usi come per esempio pannelli fono assorbenti
- Quelli in buono stato ma non abbastanza per l’occidente vengono mandati in Ghana o in Cile, il cui habitat è completamente invaso da rifiuti tessili spesso inquinanti. Per approfondire suggerisco il documentario Junk – Armadi Pieni, prodotto da Will Media in collaborazione con SKY.
Ed arriviamo alla terza P… profit!
Il sistema moda come ogni business ha come scopo principale quello di generare profitto. La stagionalità insita nella struttura stessa della moda è stato uno dei primi strumenti inventati per aumentare i profitti (ci troviamo nella Francia del Re Sole): dando una “scadenza” agli abiti, si generava domanda e quindi necessità di produzione. Contemporaneamente la produzione a basso costo genera capi di cattiva qualità, che si rovinano in un battito di ciglia, utilizzando materie prime derivate dal petrolio, altamente inquinanti. Produciamo quindi sempre più abiti che si rovinano velocemente e che non sono smaltibili senza inquinare: siamo prigionieri di un ciclo continuo insostenibile.
Parliamo di fibre
L’origine delle fibre tessili è un altro dei grandi problemi del sistema. La maggior parte delle fibre utilizzate ad oggi sono artificiali o sintetiche perché hanno caratteristiche tecniche elevate e costi molto bassi. Tuttavia si tratta di tessuti altamente inquinanti che non garantiscono la traspirazione corretta della pelle lasciandoci addosso sostanze nocive, ricordiamoci che la pelle è il nostro organismo più esteso. I tessuti saranno sicuramente oggetto di una delle prossime edizioni di Dietro Le Quinte, ma se volte approfondire, qui trovate un carosello dedicato all’argomento.
E quindi? Quindi, cerchiamo di scegliere con più consapevolezza prediligendo fibre naturali e filiere e brand responsabili. L’argomento è sicuramente estremamente vasto e non mi considero certo un’esperta. Questa vuole essere una piccola pulce nel vostro orecchio per spingervi a riflettere meglio al momento dell’acquisto. Un aiuto in questo senso è sicuramente il sito Good On You.
Cosa c’entra la Consulenza d’Immagine con tutto questo?
In che modo?
L’ANALISI DELLO STILE E DELLE FORME è essenziale per effettuare acquisti intelligenti, senza tempo e realmente adatti alle nostre proporzioni ed introduce l’ANALISI DEL GUARDAROBA, che ha come obiettivo quello di valorizzare al massimo quello che già possediamo, integrandolo, ove serve attraverso la creazione di una SHOPPING LIST mirata in base agli obiettivi personali o professionali da raggiungere.
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Azione!
Vediamo insieme alcune azioni pratiche che possiamo adottare da subito nel viaggio per approcciare in maniera più responsabile alla moda, restando però consapevoli del fatto che ci troviamo all’interno di un sistema che è insostenibile per sua natura.
1. LESS IS MORE: come per il cibo, leggete l’etichetta e scegliete quegli abiti che contengono meno fibre possibili. Sappiamo che i cibi iper processati fanno male, lo stesso vale per i tessuti. E ovviamente… dare la preferenza a fibre naturali: lana, lino, cotone.
2. GO LOCAL: acquistare online è molto comodo, ma acquistare localmente è una scelta sicuramente più responsabile. Perché molto spesso i resi vengono semplicemente buttati generando ulteriori rifiuti ma anche perché riduciamo l’inquinamento derivato dai trasporti di merci, sostenendo le imprese locali.
3. UPCYCLE: si tratta di riqualificare un oggetto trasformandolo in qualcosa di valore pari o anche superiore. Spesso, ricordiamoci, che un abito possiamo ripararlo, modificarlo e tingerlo – se si tratta di un capo di buona qualità. Non è la strada più facile, ma ci può ripagare sul lungo periodo. Da scoprire Menaboh.
4. VINTAGE&SECOND HAND: sono i motori del consumo circolare. I capi vintage hanno un livello qualitativo più alto rispetto a quelli prodotti oggi, perché sono stati realizzati con logiche del passato e quindi con materiali migliori e una migliore cura nella manifattura. Il second hand offre risparmio sull’acquisto di capi anche di alta qualità, ma anche la possibilità far ricircolare ciò che non utilizziamo senza generare rifiuti. Oltre ai negozi locali, fate riferimento a Vinted e Vestiaire Collective.
Spunti di Riflessione
Sparsi nel testo trovate siti e materiali di approfondimento sulla moda responsabile. C’è tanto da dire e ancora di più da studiare, ma sicuramente è il momento per ognuno di noi di fare qualcosa, di smettere di credere alle promesse del fast fashion, che ormai lo sappiamo è solo un castello di carte, ed approcciare all’abbigliamento in maniera più lenta, responsabile e consapevole privilegiando la qualità sulla quantità. Prima di lasciarvi un ultimo consiglio di lettura: Fuorimoda! di Matteo Ward, vi aprirà gli occhi e la mente sulla moda responsabile.
