Oltre l’armocromia, un po’ di storia e teoria del colore.
“Io l’armocromia, la odio.”
“Voglio fare l’armocromia, perché l’hanno già fatta tutti!”
“Non mi interessa, voglio continuare a vestirmi di nero.”
Sono solo alcune frasi che ho sentito, più o meno spesso, in tema di armocromia. Che ormai da disciplina di approfondimento, valore aggiunto, è diventata una moda.
C’è chi pensa che basti un’app, c’è chi diventa armocromista (una parola che non riesco a digerire) con un corso di 8 ore e c’è anche chi è talmente affascinato dal colore da studiarlo in maniera approfondita (forse anche un po’ ossessiva) e da vari angolazioni. E c’è chi si pone nel mezzo ma consapevole della direzione in cui guardare.
Il colore è molto di più di quello che pensiamo. È un codice visivo potente e preciso e va ben oltre quale colore di rossetto mi sta meglio. Dietro ogni colore c’è un significato comunicativo, ci sono dei riferimenti iconografici, c’è un valore psicologico e c’è un impatto sulla nostra valorizzazione personale.

Cosa è il Colore?
Innanzitutto è una sensazione creata nel cervello a partire da stimoli luminosi. Il colore è una percezione ed in quanto tale immateriale. Il colore è onirico ed ha la capacità di far sognare e desiderare.
Ricordo ancora il ditino di una bambina puntato su un poster della Pantone nello studio di suo padre che sceglieva i colori che voleva avere. Ero io. E mia figlia sta facendo praticamente lo stesso ogni qual volta tiro fuori qualche campione di colore. Ma un colore, se ci pensate bene, non si può possedere, anche se numerosi brand pensano di fare il contrario.
Sto leggendo “Un colore tira l’altro”, diario cromatico di Michel Pastoreau, insigne storico del colore, che in un capitolo si scaglia proprio contro quest’insensatezza. Da donna di marketing, mi è sempre sembrata una cosa più che ovvia, il branding funziona così, tuttavia la percezione di un colore è talmente personale che come facciamo a possederlo in senso assoluto?
È qui che ci vengono in aiuto le 3 dimensioni del colore, nate dalla necessità che l’uomo ha sviluppato di misurare il colore e di definirlo, nella maniera più accurata possibile. Si tratta del VALORE, che misura quanto un colore è chiaro o scuro, la TEMPERATURA, ovvero se un colore è freddo – e quindi contiene al suo interno un po’ di blu – o caldo – e quindi contiene un po’ di giallo, e la SATURAZIONE, ossia quella caratteristica che misura quanto un colore è puro: qualsiasi colore che viene mischiato con il bianco – colori pastello -, il nero – colori scuri -, o il grigio – colori polverosi- è considerato un colore desaturato.
Andiamo insieme oltre l’armocromia…
Iniziamo a dire che il termine armocromia è un termine tutto italiano e molto markettaro -da donna di marketing ormai da 13 anni posso dirlo senza offendere nessuno- che unisce in una parola composta il termine ARMONIA e CROMIA e, niente da obiettare, funziona: l’armonia dei colori, effettivamente l’obiettivo che ci prefissiamo di raggiungere attraverso l’analisi. Personalmente, però, preferisco chiamarla Analisi del Colore – tranne, per ovvie ragioni in ambito SEO.
Etimologia a parte, l’armocromia è una disciplina, non è una scienza badate bene, che affonda le sue radici nell’arte. Scioccante vero? I cambi di colore degli abiti del red carpet non c’entrano niente – anche se devo dirlo sono di grande intrattenimento, con tutti i limiti del caso!
..un po’ di storia…
Il primo a parlare di stagioni cromatiche è stato Johannes Itten uno dei grandi teorici del colore, pittore e insegnante del Bauhaus. Nel suo corso di ritrattistica notò che cambiando il colore di sfondo dietro le persone ritratte queste persone emergevano, erano valorizzate. Per trasmettere questa sua intuizione agli studenti, l’ha codificata sfruttando quello che aveva a sua disposizione, ovvero i colori della natura che cambiavano al cambiare delle stagioni.

Ritratto di Johannes Itten, 1921 (Foto di Paula Stockmar)
Quindi, la primavera è caratterizzata dai colori della natura che si risveglia, il verde brillante delle gemme, i colori dei fiori i cieli azzurri. Sono tutti colori caldi, brillanti e chiari. Mentre l’estate, bruciata dal sole, ha colori freddi, soffusi, ma sempre chiari. In autunno le giornate si accorciano, i colori si scuriscono, il foliage domina nei boschi e quindi come saranno i colori dell’autunno? Caldi, soffusi e scuri. Ed infine l’inverno, con le sue notti lunghe e le sue ombre lunghissime. I colori diventano freddi, brillanti e scuri.
Tutto molto bello, direte voi, ma dal Bauhaus a Tik Tok come ci siamo arrivati?
Nel 1942 Suzanne Caygill, fashion designer californiana sviluppa la sua teoria sull’analisi dei colori personali partendo proprio dalla codificazione di Itten e legandola alle personalità di ognuno di noi (per ogni stagione analizza 16 diverse personalità) e nel 1980 pubblica il libro “Color, the Essence of You”.
Non fu però il primo libro a parlare di colori personali (anche se probabilmente lo ha influenzato, visto che l’attività della Caygill inizia negli anni ‘40), già nel 1967 Edith Head, celeberrima costumista di Hollywood nel suo “How to Dress for Success” dedica un capitolo al colore e pubblica la Color Aura Chart facendo specifico riferimento alle attrici che aveva vestito.
Negli anni ’80 viene pubblicato un altro libro fondamentale, “Color Me Beautiful” di Carole Jackson, un vero e proprio manuale alla portata di tutti che semplifica le teorie di Suzanne Caygill. Nonostante la grande diffusione, è un metodo limitato perchè non tiene conto di caratteristica del colore molto importante: la saturazione. Perchè questo avvenga dobbiamo aspettare il 1995, con il lavoro di Mary Spillane e Christine Sherlock, le prime a proporre un metodo a 12 stagioni. Era sicuramente un metodo più accurato ma dedicato ai professionisti di settore.
Ma le teorie ed i metodi di analisi personale non si sono fermati qui: Ferial teorizza un sistema a 16 stagioni, Lora Alexander con il Color Breez System arriva a 22 stagioni, ma rendendo l’interpretazione delle palette molto complessa.
Personalmente io, essendomi diplomata presso ESR Italia utilizzo il metodo ESR a 12 stagioni, dove ognuna delle stagioni cromatiche è divisa in 3 sottogruppi sulla base delle dimensioni del colore di cui abbiamo parlato prima. Queste dimensioni sono quelle utilizzare per categorizzare i colori non solo nell’analisi dei colori personali, ma anche in grafica, pittura, fotografia e tutte le discipline che hanno a che fare con il colore.
Come si svolge una seduta?
Si parte sempre da un questionario di coaching. Nello specifico, nella seduta dedicata all’analisi del colore ci focalizzeremo sulla colorimetria, sulle abitudini, sulle preferenze e sugli obiettivi che il cliente può avere relativamente al colore. Conoscere in maniera approfondita gli obiettivi del Cliente, i suoi complessi, i suoi desideri, le sue abitudini ma anche il rapporto con il suo entourage, serve a personalizzare il debrief che conclude la seduta.
Dopo il questionario si passa all’osservazione del mix cromatico del cliente quindi pelle, occhi e capelli. L’osservazione deve avvenire preferibilmente in presenza di luce naturale e senza trucco. Osservando questi tre elementi in assoluto e come interagiscono tra di loro sarà fondamentale per il Consulente per formulare un’ipotesi di dominante che sarà poi verificata attraverso i drappi – o delle cornici- nel primo step, a cui ne seguirà un secondo per determinare la caratteristica secondaria.
Una volta determinata la stagione di riferimento, si procede alla spiegazione della palette, in cui si ritroveranno colori con le stesse caratteristiche rilevate nel mix cromatico, con focus particolare sul quadro, quindi tutti quegli elementi che ruotano attorno al viso: make up, capelli, sciarpe, maglie, giacche… Sarebbe bello essere sempre tutti in palette, ma anche poco sostenibile.
E cosa succede se i colori della palette non piacciono? In ogni palette ci sono tutti i colori, perché i colori non sono assoluti, ma sono delle famiglie: esistono rossi scuri e chiari, caldi e freddi, saturi e non. E magari alcuni colori lì per lì, visti su carta possono non attirare, vedendoli però accostati al viso, in un dettaglio o prendere vita con un abito attraverso il tessuto, fa tutta la differenza del mondo. Diamo ai colori una chance. Questa, però, è un’altra storia, di cui parleremo un’altra volta.
Infine vengono spiegate le armonie cromatiche, ovvero si approfondiscono le tecniche di abbinamento dei colori anche attraverso l’utilizzo della ruota cromatica.
Durata? Circa 1 ora e mezza. Per approfondire

3 motivi che mi hanno fatto andare oltre l’armocromia…
- I colori valorizzanti rendono il viso più luminoso e attenuano le discromie, creando una sorta di make up naturale, dove fino a ieri hai messo due strati di fondotinta, ne basterà mettere una;
- Conoscere i colori che ti valorizzano ti rende consapevole e ti libera dalle influenze di mode passeggere, di consigli non richiesti, dagli acquisti impulsivi e dagli sprechi che ne derivano.
- Se il tuo interlocutore non è distratto da un colore disarmonico attorno al tuo viso, ti ascolterà con più piacere e attenzione. Provare per credere! Stavo provando a seguire questa serie, Il Serpente dell’Essex, qualche mese fa e non vedevo altro che i capelli di Clare Danes – che mi sono rimasti molto più impressi della trama;

In conclusione…
In conclusione non ho concluso, temo che su questo tema, il colore, tornerò più volte in questa newsletter.
Andiamo oltre l’Armocromia! Che sia di moda è indubbio, ma non è una cosa positiva. Esistono ormai le App e sedute di tutti i prezzi, ma cosa distingue un’analisi professionale? La persona che hai davanti e che non ha come fine ultimo quello di consegnarti una palette, ma ti ascolta attivamente, valuta i tuoi obiettivi e li tiene in considerazione nel momento di spiegare quali sono i colori più valorizzanti per te. “La palette è uno strumento, non il fine” come ci tiene a specificare Valeria Viero, direttrice di ESR Italia.
La mia mission, lo dico con tutta l’umiltà del mondo, è educare le persone alla bellezza anche attraverso il colore. E non parlo di bellezza estetica. La bellezza per me è cultura, responsabilità, consapevolezza, etica. La bellezza è aprire gli occhi al mondo e rispettarlo, fermarsi ad osservare e fare quanto più possibile tutto con amore anche, e non è ovvio, per sè stessi. Educare alla bellezza, genera bellezza: un bambino a cui hai insegnato che un fiore è bello e pieno di vita, di colori e profumi, non lo strapperà ma ne pianterà altri.
E su questo argomento vi invito ad ascoltare la mia intervista per il podcast Women Change Makers, alla preziosa Valentina Falcinelli che, meglio di me, è riuscita a spiegare questo concetto di bellezza totale: Ascoltatelo su Spotify
Nella scorsa newsletter abbiamo parlato dell’impatto psicologico dell’immagine. Ci tengo a precisare che anche parlando di colori trattiamo di un aspetto delicato dell’identità di una persona che può avere risvolti interiori importanti. E come Consulenti dobbiamo prendercene cura.